Il lavaggio rituale

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  1. Ya_aghla_habib
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    Il tempio era un luogo sacro e, pertanto, i sacerdoti dovevano togliersi le scarpe prima di entrare per non introdurvi le impurità del mondo esterno. Anche nelle cerimonie rituali si doveva procedere scalzi. I sacerdoti avevano grande cura della loro igiene. Secondo Erodoto, «i sacerdoti si radevano il corpo tutti i giorni, in modo tale da essere privi della presenza di pidocchi o di altre impurità, nel momento in cui effettuavano i riti». Le acque del lago sacro del tempio non solo pulivano il corpo, ma purificavano anche "l'anima". Nel rilievo dell'immagine, un uomo porta in una mano i sandali del faraone, e nell'altra un recipiente con dell'acqua. Le iscrizioni che lo accompagnano gli attribuiscono il titolo posseduto: egli è il "portasandali del re". Dato il contesto rituale (davanti a lui il faraone Narmer avrebbe compiuto un sacrificio), a nessuno è permesso di calzare le scarpe. Un oggetto da toletta molto diffuso era lo specchio, adoperato soprattutto dalle donne. Gli specchi erano costituiti da dischi metallici, in genere di bronzo, perfettamente lisci. Oltre ad assumere una valenza di rigenerazione e di vita, la forma circolare, la brillantezza e il potere di riflettere le immagini, indussero gli Egizi ad associare lo specchio al sole. Pertanto, i motivi decorativi dei manici spesso ne sottolineano il carattere religioso.

    Nell'antico Egitto il lavaggio periodico dei capelli costituiva una pratica di igiene personale piuttosto importante. Gli egizi soffrivano già di problemi legati alla caduta dei capelli; tuttavia le soluzioni per favorirne la crescita erano numerose. Esisteva una formula che aveva il potere di rigenerare i capelli, e consisteva nell'affidarsi alle proprietà curative dei semi di fenugreek o del grasso di leone. Nel caso in cui, invece, i capelli apparivano grigi o bianchi, era possibile recuperare la loro naturale brillantezza usando sangue di mucca nera bollito in olio, grasso di serpenti neri e uova di corvo. Gli uomini si radevano la barba utilizzando dei rasoi, mentre per la depilazione si faceva ricorso ad attrezzi simili alle nostre pinzette. La cosmesi costituiva una parte importante della pulizia quotidiana: strofinarsi il corpo con unguenti era una pratica igienica comune. Le donne erano solite truccarsi il viso, abitudine che contribuiva a migliorare il loro aspetto. Inoltre, dipingersi le palpebre e le ciglia possedeva un potere curativo, in quanto costituiva una difesa contro le malattie oculari. È noto, tra l'altro, che gli egizi conoscevano anche i tatuaggi; la testimonianza più remota risale al Medio Regno (2040-1786 a.C.).

    Anche oggetti di uso domestico, come questa cassetta di legno per la toletta, potevano far parte del corredo funerario. Le nobildonne avevano l'abitudine di portare con sé numerosi articoli per il maquillage e la cosmesi, come la cassetta raffigurata nell'immagine a destra. In essa venivano custoditi piccoli recipienti per il kohol o unguenti, pinzette e altri attrezzi con i quali venivano applicati i trucchi per gli occhi e altri prodotti di cosmesi per il corpo. Spesso, accanto a questi oggetti per la toletta vi erano ornamenti personali, come questi scarabei, che svolgevano una funzione scaramantica: proteggevano, infatti, il loro proprietario da ogni tipo di maleficio, allontanando i demoni in grado di colpire i punti vulnerabili del corpo. Già a partire dal Periodo Predinastico, gli egizi facevano uso di pettini. Generalmente, erano di osso o di legno, materiali, peraltro, usati anche nei periodi successivi.



    fonte : sapere
     
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